Ammissione della pretesa creditoria derivante dal conto corrente bancario: la prova non può essere fornita con gli ‘estratti conto’
Necessaria, perciò, la produzione in giudizio della scrittura negoziale provvista di data certa e come tale opponibile al fallimento

In tema di ammissione, allo stato passivo del fallimento, della pretesa creditoria derivante dal saldo negativo del conto corrente bancario, la forma ad substantiam prevista postula che la prova del credito non possa essere offerta attraverso gli ‘estratti conto’ spediti al correntista in costanza di rapporto, ma debba essere necessariamente resa mediante la produzione in giudizio della scrittura negoziale provvista di data certa e come tale opponibile. Difatti, il requisito della forma scritta ad substantiam richiesto per i contratti bancari non può essere soddisfatto attraverso la loro mera menzione in altro contratto, seppur stipulato con atto pubblico.
Questi i paletti fissati dai giudici (ordinanza numero 17102 del 25 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame l’opposizione proposta da una banca avverso il decreto con cui il giudice delegato della procedura di liquidazione coatta amministrativa di una società cooperativa ne aveva rigettato l’istanza di insinuazione al passivo per una cifra pari a quasi 300mila euro e relativa a tre differenti conti correnti.
Il giudice del Tribunale aveva ritenuto legittime le obiezioni sollevate dalla banca, soprattutto tenendo presente che gli ‘estratti conto’ non devono recare la data certa, ai fini della loro opponibilità, non costituendo una scrittura privata di cui si intenda far valere gli effetti negoziali, ma rappresentano l’evoluzione storica del rapporto di conto corrente. In sostanza, il requisito della data certa non ha nulla a che vedere, secondo il giudice del Tribunale, con la funzione assegnata agli estratti conto, che resta tale anche in mancanza di prova dell’invio al correntista.
Infine, la menzione nell’atto pubblico del contratto di conto corrente bancario configura un fatto che stabilisce in modo certo l’anteriorità dell’apertura del conto rispetto all’atto notarile e, quindi, alla messa in stato di liquidazione coatta amministrativa, sempre secondo il giudice del Tribunale.
Di diverso parere, invece, i magistrati di Cassazione, i quali annotano che, richiedendo il contratto di conto corrente bancario la forma scritta ad substantiam, la sua prova non può essere data con altro mezzo e quindi con gli estratti integrali del conto: la verifica dell’andamento e delle modalità di svolgimento del rapporto per l’intera sua durata, ovvero del riscontro dell’effettiva e corretta esecuzione delle operazioni da cui scaturisce il saldo a debito del correntista, attiene, infatti, ad un tema di indagine successivo, che in tanto può essere affrontato in quanto sia accertata o non sia in contestazione la sussistenza della fonte contrattuale che a detto rapporto ha dato origine.
Pertanto, ove, come nel caso specifico, sia contestata la data certa dei contratti di conto corrente, le modalità di svolgimento del rapporto – come risultanti dagli estratti conto – assumono un rilievo secondario e soprattutto non sono idonee a provare la data certa e rendere opponibili i contratti, cui afferiscono, alla procedura. Né, del resto, il requisito della data certa può essere dimostrato attraverso la menzione del contratto di conto corrente bancario in altro contratto (nel caso di specie, contratto di apertura di credito), seppur stipulato con atto pubblico, e quindi incontestabilmente munito di data certa, non potendo il requisito della forma scritta ad substantiam richiesto per i contratti bancari essere soddisfatto attraverso la loro mera menzione in altro contratto.