Eccezione di inadempimento verso il condominio: ciò non basta per ottenere la restituzione degli oneri condominiali versati

I giudici sottolineano che le spese condominiali sono previste dalla legge e trovano fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio, non avendo natura contrattuale

Eccezione di inadempimento verso il condominio: ciò non basta per ottenere la restituzione degli oneri condominiali versati

Le spese condominiali sono previste dalla legge e trovano fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio, e, perciò, non avendo natura contrattuale, non può essere accolta la domanda di restituzione delle somme versate a titolo di oneri condominiali se basata su una eccezione di inadempimento nei confronti del condominio.
Questo il chiarimento fornito dai giudici (ordinanza numero 13378 del 20 maggio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso sorto in un palazzo milanese e relativo al pagamento di spese condominiali relative ad un appartamento però inutilizzabile e non locabile.
A dare il ‘la’ alla querelle giudiziaria è, ovviamente, il proprietario dell’appartamento, il quale pone sotto accusa il condominio, chiedendo un ristoro economico corrispondente alle spese condominiali versate per tutto il periodo in cui non ha potuto locare l’immobile.
I giudici di terzo grado partono da una premessa: la domanda avanzata dal proprietario dell’immobile, e relativa alle spese condominiali, è di carattere restitutorio, o, meglio, costituisce un’eccezione di inadempimento nei confronti dell’inadempiente condominio. E tale istanza non può essere ritenuta fondata, chiariscono i giudici, in quanto le spese condominiali sono previste dalla legge e trovano fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio, mentre non sono di fonte contrattuale.
Capitolo a parte, invece, quello relativo al risarcimento, a titolo di lucro cessante, per la mancata disponibilità dell’appartamento per ben nove mesi.
Corretta, sanciscono i giudici di Cassazione, la cifra stabilita in Appello e pari a 15mila e 660 euro e calcolata considerando un canone mensile di 1.740 euro, prendendo a base della liquidazione il canone che l’appartamento aveva nel 2008.

Tale parametrazione del danno è corretta, poiché, osservano i giudici di Cassazione, che si tratta di un dato certo, effettivamente riferibile al periodo in cui l’appartamento è rimasto sfitto e che quindi poteva essere preso agevolmente a base della liquidazione del danno, mentre il riferimento a canoni di mercato dell’anno 2015 appare palesemente arbitrario poiché si tratta di anno successivo a quello in cui si è verificata l’indisponibilità dell’appartamento.

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