Assegno a carico dell’eredità: necessario che l’ex coniuge si trovi in stato di bisogno
La valutazione dello stato di bisogno va effettuata considerando il complesso delle risorse del soggetto che richiede l’assegno, incluse l’eventuale pensione di reversibilità, la proprietà di beni immobili e la capacità di produrre reddito

L’assegno a carico dell’eredità, previsto specificamente dalla legge sul divorzio, avendo natura assistenziale, presuppone che l’ex coniuge si trovi in stato di bisogno, inteso come mancanza delle risorse economiche occorrenti per soddisfare le essenziali e primarie esigenze di vita. In questa ottica, la valutazione dello stato di bisogno deve essere effettuata considerando il complesso delle risorse del soggetto che richiede l’assegno, incluse l’eventuale pensione di reversibilità, la proprietà di beni immobili e la capacità di produrre reddito, non potendo prescindersi da una valutazione del quantum del trattamento pensionistico di reversibilità e dal riscontro della sua inadeguatezza sommato alle altre risorse disponibili.
Questi i paletti fissati dai giudici (ordinanza numero 19290 del 14 luglio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame l’istanza avanzata da una donna e mirata ad ottenere dall’erede dell’ex marito un assegno mensile, a carico dell’eredità, nella misura di 1.500 euro mensili.
A sostegno della richiesta, la donna ha precisato di essere coniuge divorziata del defunto, già titolare di assegno divorzile, nella misura di 800 euro mensili, e di essere priva di redditi e in stato di bisogno.
In Appello, però, la pretesa avanzata dalla donna è priva di fondamento. Ciò perché ella ha proposto domanda per il riconoscimento della pensione di reversibilità nella misura del 50 per cento della pensione dell’ex coniuge e la legge sul divorzio prevede che per determinare l’assegno periodico a carico dell’eredità si debba tener conto dell’eventuale pensione di reversibilità e che non vi è dubbio alcuno che ad ella, essendo stata sposata per quasi dieci anni con l’uomo ora defunto, spetti, per legge, una quota consistente di pensione di reversibilità e che l’INPS stia già procedendo da mesi ad accantonare la metà della pensione.
Di tale circostanza occorre tener conto, secondo i giudici d’Appello, unitamente al fatto che la villetta di proprietà della donna forma oggetto di locazione turistica ad un prezzo che oscilla tra 135 euro e 186 euro al giorno, peraltro in un territorio che beneficia di notevoli flussi turistici, per cui è ragionevole opinare che la locazione turistica dell’immobile possa rappresentare una fonte di entrate di rilievo per la donna.
In sostanza, lo stato di bisogno della donna non è compiutamente dimostrato, né dall’inventario dell’eredità si ricava che il suo ex marito abbia lasciato un ingente patrimonio all’unico erede, sia per quello che riguarda i beni immobili, sia per quello che riguarda i beni mobili.
A certificare la solidità della posizione economica della donna, poi, anche il fatto che ella ha lavorato per tanti anni a fianco del marito, nell’azienda di famiglia: ciò induce a ritenere che ella sia in grado di provvedere al proprio sostentamento, avendo piena capacità lavorativa e godendo di buona salute. Senza dimenticare, poi, che per anni, pur avendone diritto, non ha mai richiesto la pensione di reversibilità.
Tutte queste circostanze rappresentano, secondo i giudici d’Appello, concordanti indizi dell’assenza di uno stato di bisogno della donna. E questa visione viene condivisa anche dai magistrati di Cassazione, i quali annotano che attualmente la donna percepisce una pensione sostanzialmente corrispondente all’ammontare dell’assegno divorzile di cui godeva fino al decesso dell’ex marito ed è proprietaria di una villetta che ha messo a reddito, a dimostrazione anche del fatto che ella ha iniziativa e capacità imprenditoriale.
Logico, quindi, respingere l’ipotesi di uno stato di bisogno della donna, che invece possiede risorse economiche idonee a soddisfarne le essenziali e primarie esigenze di vita. Anche tenendo presente il principio secondo cui, al fine del riconoscimento di detto assegno al coniuge divorziato, che già goda del trattamento pensionistico di reversibilità, non può prescindersi da una valutazione del quantum di tale trattamento e dal riscontro della sua inadeguatezza, sommato alle altre risorse del coniuge divorziato.