Figli con gravi patologie non diagnosticate: risarcita ai genitori anche l’impreparazione ad affrontare la situazione
Legittimo, secondo i giudici, riconoscere l’esistenza di un danno autonomo e distinto da quello derivante dalla violazione del diritto all’informazione per l’esercizio della scelta abortiva

La lesione del diritto all’autodeterminazione dei genitori, consistente nella loro impreparazione psicologica e materiale ad affrontare la nascita di figli affetti da gravi patologie non diagnosticate, costituisce un danno autonomo e distinto da quello derivante dalla violazione del diritto all’informazione per l’esercizio della scelta abortiva, essendo risarcibile il danno morale conseguente alla sofferenza per essere stati colti impreparati dall’evento, indipendentemente dall’effettivo esercizio della facoltà di interruzione della gravidanza.
Questa la prospettiva tracciata dai giudici (ordinanza numero 15076 del 5 giugno 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso relativo ad una delicata vicenda familiare originata da una errata diagnosi.
Ad aprire il fronte giudiziario sono i genitori di due gemelline, oggi ormai maggiorenni, nate affette da una grave forma di talassemia, i quali chiedono il risarcimento dei danni patrimoniali e no ai medici colpevoli di avere errato la diagnosi nel corso della gestazione.
A chiudere il contenzioso provvedono i magistrati di Cassazione, sancendo come l’evento dannoso da risarcire risieda anche nel danno morale patito dai due genitori e derivante dalla provata sofferenza per essere stati colti impreparati dalla nascita delle gemelline affette da talassemia, essendo tale danno differente da quello, già riconosciuto, afferente alla lesione del diritto dei genitori ad essere informati sulla salute dei nascituri per esercitare le scelte appropriate, in particolare quella di abortire o meno, restando indifferente a tale questione il fatto che in concreto detta scelta non sia stata esercitata.
Ampliando l’orizzonte, poi, viene richiamato il principio secondo cui dalla lesione del diritto all’informazione possono derivare alla gestante o, più in generale, ai genitori (e possono essere accertate anche presuntivamente) conseguenze dannose non patrimoniali risarcibili, se non sotto il profilo esteriore dinamico-relazionale, quanto meno sotto il profilo della sofferenza interiore, dovendo presumersi che la possibilità, conseguente alla corretta informazione, di predisporsi ad affrontare consapevolmente le conseguenze di un evento particolarmente gravoso sul piano psicologico oltre che materiale, consenta con ogni evidenza di evitare o, almeno, di limitare la sofferenza ad esso conseguente, la quale è tanto più intensa quanto più inattesa a causa dell’omessa informazione. E questa è una lesione al diritto di autodeterminarsi dei genitori che si profila indipendentemente da qualsivoglia profilo di strumentalità rispetto all’eventuale scelta abortiva della donna, anch’essa nei fatti impedita e risarcita.
Per quanto riguarda il danno conseguente alla mancata possibilità di prepararsi psicologicamente e per tempo a tutti i disagi conseguenti alla nascita di due gemelle affette da una grave patologia, valutato e liquidato anch’esso in termini di danno morale, esso è stato valutato e riconosciuto come sufficientemente provato, traendo spunto da circostanze dedotte quali la necessità dei genitori di ricorrere a frequenti esami clinici, trasfusioni con cadenza mensile, presenza ospedaliera per la terapia chelante, il tutto protrattosi fino al trapianto di midollo per entrambe le sorelline.
Inoltre, è incontestata la circostanza che il trapianto di midollo per avviare le gemelline alla terapia genica fu effettuato mediante prelievo dal fratellino, che nel frattempo i genitori avevano messo al mondo, ricorrendo all’inseminazione artificiale cosiddetta selettiva per evitare il ripresentarsi della ‘tara’ genetica nel figlio che avrebbe dovuto fungere da donatore sano.
Da tutto questo quadro emerge il fatto ignoto relativo al notevole disagio sopportato dai genitori per essersi trovati impreparati ad affrontare subitamente la grave e inaspettata patologia della prole, così come presuntivamente provato l’intervenuto, quanto improvviso, radicale mutamento delle abitudini di vita della coppia, necessariamente sempre presente in occasione di esami ricoveri ospedalieri e interventi sulle figlie, da effettuarsi anche in sedi diverse da quella di abituale residenza. La corretta diagnosi dei medici, nei fatti mancata, avrebbe presumibilmente dato modo ai genitori di arrivare al momento della nascita delle bambine già preparati psicologicamente, nonché di pianificare per tempo la nuova organizzazione della loro vita, che, come emerso dalle testimonianze rese in primo grado, li ha invece letteralmente travolti in un susseguirsi di dolorose e gravose incombenze.
Tirando le somme, il danno conseguente alla mancata possibilità di prepararsi psicologicamente e materialmente alla nascita delle bambine con problemi di salute gravi è stato liquidato solo in termini di danno morale, e non propriamente di danno alla sfera psico-fisica della persona, e ricorrendo al criterio equitativo, quantificando nei confronti della madre il danno maggiore (anche in relazione alla impreparazione rispetto alla necessità di procreare in tempi ristretti un altro figlio per poter al più presto trovare un donatore di midollo compatibile con le bambine malate) pari a 90.000 euro e nei confronti del padre di un danno pari ad 70.000 euro.