Recesso del socio: effetti prodotti da quando l’atto è a conoscenza della società

In ragione della deliberazione di revoca o di scioglimento, il socio receduto riacquista ex tunc lo status di socio, comprensivo della legittimazione a impugnare la deliberazione, al pari delle altre che siano state adottate a seguito del proprio recesso

Recesso del socio: effetti prodotti da quando l’atto è a conoscenza della società

In materia di società per azioni, il recesso del singolo socio costituisce un negozio giuridico unilaterale recettizio, che produce i suoi effetti nel momento in cui viene portato a conoscenza della società e che è subordinato alla condizione risolutiva rappresentata alternativamente dall’intervento, nel termine di novanta giorni, della revoca della delibera che lo legittima e dallo scioglimento della società. In ragione della deliberazione di revoca o di scioglimento, il socio receduto riacquista ex tunc lo status di socio, comprensivo della legittimazione a impugnare la deliberazione, al pari delle altre che siano state adottate a seguito del proprio recesso.
Di conseguenza, il diritto del socio receduto di impugnare, chiedendone l’annullamento, la delibera di revoca della determinazione assembleare che ne ha legittimato il recesso va riconosciuto ma esso non si correla a un inesistente diritto del socio uscente di partecipare alla formazione di quella delibera. Non appare in altri termini corretto sostenere che la legittimazione ad impugnare la delibera di revoca derivi dalla legittimazione a intervenire alla relativa assemblea e a votare. Quindi, il socio receduto non è titolato a partecipare a tale consesso deliberativo in quanto è privo, prima della decisione di revoca, dei diritti di socio. È vero, invece, che può impugnare la delibera di revoca poiché in ragione di essa ha riacquistato quei diritti. Inoltre, se la società esercita il proprio ius poenitendi e restituisce ex tunc al receduto la veste di socio pleno iure, non v’è modo di pervenire all’affermazione che ad un socio a tutti gli effetti sia precluso, naturalmente in concorso con i presupposti legalmente previsti, di impugnare una delibera d’assemblea.
Questi i principi chiarificatori forniti dai giudici (sentenza numero 15087 del 5 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame un complicato recesso da una società per azioni, recesso frutto anche di alcune contestate modifiche statutarie.
Centrale è la questione relativa alla individuazione del momento in cui ha effetto il recesso del socio dalla società.
Su questo fronte si parte da un punto fermo: il recesso del socio è efficace in base alla sola manifestazione di volontà del recedente, comunicata al destinatario ed è qualificabile come atto unilaterale recettizio, come tale destinato a produrre i suoi effetti nel momento in cui è portato a conoscenza della società. Allo stesso tempo, però, il recesso non può essere esercitato, e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro novanta giorni, la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società.
Tale disposizione, con cui si restituisce alla minoranza uno spazio di negoziazione su quanto ha costituito oggetto della delibera giustificativa del recesso, spazio di negoziazione attestato dal riconoscimento alla società della facoltà di tornare sui suoi passi e di rimuovere la determinazione che scontenta la minoranza stessa, assume un preciso significato.
Così, se il recesso è privo di efficacia ove intervenga una delle due indicate delibere, ciò significa che esso è da principio efficace: l’eventualità di una privazione di efficacia del recesso presuppone, in altri termini, che questo sia all’origine produttivo di conseguenze all’interno del mondo giuridico.
Ulteriori argomenti militano a favore dell’opinione per cui, in caso di recesso del socio di società per azioni, il momento dello scioglimento del vincolo contrattuale va individuato nella ricezione da parte della società della dichiarazione di recesso. Difatti, il Codice Civile impone, per le azioni relativamente alle quali è stato esercitato il diritto di recesso, un divieto di cessione ed un obbligo di deposito presso la sede sociale: il che è indicativo di un particolare fenomeno, definito di congelamento di tutti i diritti del socio receduto, partecipativi e patrimoniali, diversi da quello alla liquidazione delle azioni, a partire dal diritto di voto in assemblea. In tal senso, la comunicazione del recesso determina un vero e proprio spossessamento delle azioni, le quali restano, bensì, nella formale titolarità del socio receduto, ma senza che egli possa esercitare i propri diritti corporativi e patrimoniali, e senza che delle dette azioni egli possa disporre, visto che sono gli amministratori, nell’ambito del procedimento di liquidazione, a collocare le stesse presso gli altri soci o presso i terzi.
La configurazione normativa del recesso dalla società per azioni come dichiarazione negoziale produttiva di effetti immediati obbedisce a una precisa ratio: quella di neutralizzare i possibili se non probabili inconvenienti pratici derivanti dalla partecipazione alle dinamiche sociali di un soggetto che ha mostrato di non voler più far parte della società. Il legislatore, posto dinanzi all’opzione se tutelare il socio receduto, riconoscendogli l’esercizio dei diritti sociali fino alla liquidazione del suo credito, ovvero tutelare la società, escludendo dall’esercizio dei diritti sociali il socio che abbia manifestato l’intento di lasciare la società, ha scelto in buona sostanza la seconda soluzione, pervenendo alla composizione degli interessi attraverso gli strumenti che consentono all’ex socio di tutelare il suo credito.
Ciò consente di dare risposta a un ulteriore quesito: se per il socio che abbia esercitato il recesso assuma rilievo il dato della perdita di tale status, siccome correlato all’esercizio del diritto di porre fine al rapporto associativo, o se i diritti facenti capo al detto soggetto si conservino fino a quando non si consolidi, attraverso la mancata spendita, da parte della società, del potere di revoca o di scioglimento, l’effetto nascente dal recesso stesso.
Per i giudici non ci sono dubbi: il socio receduto perde tutti i diritti, siano essi patrimoniali o corporativi, legati alla condizione di socio, che riacquista, con effetto retroattivo, con la deliberazione di revoca o di scioglimento. Se tali condizioni non si verificano, egli, dopo il recesso, non può impugnare alcuna delibera della società. Questa impossibilità riguarda anche la delibera che ha legittimato il recesso del socio. Al socio receduto deve sempre negarsi la legittimazione all’impugnazione di quella delibera perché il venir meno della qualità di socio non dipende direttamente da essa, ma dalla scelta da lui liberamente assunta, di fronte a una determinazione della società, che, in base alla legge, facoltizza l’uscita dalla società.
Esclusa quindi, la conservazione dei diritti di socio in capo a chi recede, salvo il riacquisto di essi con effetto ex tunc. Ciò però non priva quel soggetto di protezione giuridica a fronte dell’adozione di delibere sociali che possano pregiudicarlo o di cui non abbia potuto profittare nel periodo successivo all’uscita dalla società. È certo possibile che la revoca della delibera legittimante il recesso determini, come conseguenza, che il socio receduto rientri in una società mutata nei suoi assetti. E tuttavia, proprio in ragione della revoca del recesso, chi si era avvalso dell’uscita potrà far valere i diritti che gli competono in ragione della ricostituita qualità di socio.
Così, il socio che abbia visto revocata la delibera che ha giustificato l’esercizio del suo recesso potrà impugnare la determinazione assembleare assunta medio termine, che reputi viziata e quindi annullabile. E in tale ipotesi il termine per l’impugnativa dovrà farsi decorrere dal momento in cui egli è stato reintegrato nella qualità di socio. Prima di quel momento il socio receduto si trova nell’impossibilità giuridica di chiedere l’annullamento della delibera assembleare. Allo stesso modo, nell’ipotesi in cui la società abbia, dopo il recesso, deliberato un aumento di capitale, dovrà reputarsi che il socio receduto, riacquistata ex tunc la qualità di socio, abbia il diritto di ricevere in opzione le azioni di nuova emissione, e anche in tale ipotesi dovrà escludersi che il termine per l’esercizio del diritto (il termine statutario contemplato per l’esercizio dell’opzione) possa essersi consumato nel periodo in cui il socio non aveva la possibilità giuridica di avvalersene.

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